Somaglia
near Somaglia, Lombardia (Italia)
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Itinerary description
Chiama Frosina e tosto le comanda
ch’a sé faccia venir il bel Ruggiero:
Frosina l’ubbedisce e d’ogni banda
cerca e ricerca il nobile scudiero;
ma nulla fa, ché ’l siniscalco il manda
co’ li altri paggi (e ognun ha ’l suo doppiero)
di ciambra in ciambra, e dan l’acque a le mani
a re, duchi, marchesi e castellani.
12
Berta che rotto vede ’l suo disegno,
la cosa in altro tempo differisce,
si cruccia fra se stessa e n’ ha gran sdegno,
ché Amor piú che mai caldo l’assalisce;
onde, fatta per lui pronta d’ingegno,
trenta belle dongielle a lei s’unisce,
ch’entrar delibra in sala con tal pompa:
che se Milon ha cuor di pietra, il rompa
Giá mille torze da gli aurati travi
pendono accese e fan di notte giorno.
Carlo fra cento capi onesti e gravi
entra ne l’apparato tanto adorno.
Quivi usurari, preti, frati o schiavi
non ponno far un minimo soggiorno:
tutti scacciati sono a la malora,
ché ’n tal luoghi non denno far dimora.
14
Ma Febo e Cinzia e tutte l’altre stelle
ecco, da lunge, in l’ampia sala entraro:
Berta e Beatrice son de le piú belle,
che ’l fiato a milli amanti allor cavaro.
Carlo venendo incontro, accenna quelle,
al cui comando tutte s’assettaro,
ed esso in cima del convito sede,
ove li discumbenti al lungo vede.
15
Stanno le donne a petto de’ baroni
e sonan gli organetti co’ pedali.
Cinto s’avea Cupido a li galloni
duo gran turcassi colmi di piú strali.
Volan i paggi, e cento bandigioni
cervi, lepri, vituli, cingiali
portan di su di giú per lunghe scale,
come convien d’un rege al carnevale.
16
Sedea Milon rimpetto a la sua Berta:
pensa qual fogo tra quelli occhi nacque!
Egli di lei, ed ella di lui piú certa
si fa, quant’in amarsi ad ambi piacque;
quivi con cenni occulti fann’offerta
de’ cuori loro, e questo a quel compiacque;
Rampallo se n’avvede, e piú Frosina,
Rampallo a lui, Frosina a lei vicina.
Cosí l’uno per l’altro si distrugge
nei cauti sguardi e ’n quel sembiante opposto.
Sponga di sangue che lor vene sugge
son gli occhi loro, il cui lume discosto
giammai non va dal suo voler, né fugge,
ma piú sempre al desio si fa disposto;
e tanto lor instiga ed urta Amore,
ch’ivi non s’ama, anzi pur s’arde e more.
18
O insidioso aspetto muliebre,
quando che piaccia a gli occhi di chi ’l mira!
Ma quanto piú bel parti in le tenébre,
ove ’l splendor de li doppier l’aspira!
Vedi le labbra, il collo, le palpebre
d’Elena, di Faustina o Deianira;
e chi contempla quelle, giá non crede
puoter de tal beltade farsi erede.
se risponde mai cotal bellezza
che un core l’altro aggrada, e gli occhi, gli occhi
(o pensier dolce piú de la dolcezza!),
qual ferm’è stato ch’ivi non trabocchi?
Non è sí grata e sí suave frezza,
che dolcemente in loro Amor non scocchi;
ma non si parton mai questo da quello,
ché non fu mai del suo maggior flagello.
20
Era la fame giá smarrita e persa,
le mense e le vivande son rimosse;
una sonora musica e diversa
di tre laugutti e due viole grosse
trasse al concento ogni anima dispersa,
ché ognun si sente liquefarsi l'osse.
Qui voci umane giunte a quelle corde
mostrâr che ’l ciel di lor men è concorde.
21pur trovo ch’alcuni vecchi padri
biasmâr di concordanze cotal pratica;
non so, lettor, se chiaramente squadri
esser stata la mente sua lunatica.
Ben so che gargionetti assai leggiadri
fûr grati piú ne la scola socratica
di tante note, che appellaron «buse»,
quasi se ’l buco a loro non s’incuse.
Dicean che molle vago effeminato
l’animo rende questa melodia;
come se ’l pescar merda (i’ son sboccato!)
non via piú molle effeminato sia.
Vedi tu quell’ipocrita velato
di santimonia, come va per via?
Non t’accostar, figliuolo, perché porta
nel corno il feno ed ha sotto la storta.
finchè giunse a mille e ottocento (1) per giorno. Vuotavansi le case, e si trasportavano sui carri i cadaveri d'ogni età, sesso e condizione, chè la morte non perdonava ad alcuno. Le grandi fosse scavate fuori della città non bastavano a seppellire i cadaveri, come le stanze del Lazzaretto erano poche alla moltitudine degli agonizzanti appestati che invocavano, come un sollievo, la morte.
E costoro erano più sgraziati di quelli che il terribile morbo repentinamente uccideva.
XVIII
Aspetto ributtante di Milano pe' mucchi di cadaveri
e l'insolenza dei Monatti.
Miserandi spettacoli degli umani eventi pei furori guerreschi o per le stragi della morte, che i soinmi agli infimi adegua, vengono descritti nelle storie; ma io son d'avviso che
orrendi avanzata la peste, che obbligo quasi tutte le famiglie de' ricchi, no. bili , mercanti o chi poteva aver ricetto nelle ville, a colà fuggirsene.
(Somaglia, pag. 484). (1) Somaglia dice 1700 al giorno durante il luglio e l'agosto.
in nessun luogo mai fu visto tale ludibrio quale presentava Milano in quel tempo ad ogni ora della giornata. Nessuno ignora che razza d'uomini fossero i Monatti, disperati ministri della peste, ed i becchini, i quali, sprezzatori della morte, affrontavano qualunque pericolo.
Il loro nome deriva dalla solitudine in cui devono stare, chè ad alcuno non è conceduto l'immischiarsi con essi (1). Codesla genia maneggiava, senz'alcuna precauzione, morti e moribondi, loccando i bubboni , la tabe, le membra sanguinanti, e perfino facendo gozzoviglia con pazza gioja sopra i mucchi de' cadaveri. I Monatti , arrossisco in narrare tanta turpitudine! violarono gli stessi cadaveri, ultimo eccesso della libidine e dell'umana pazzia, che neppure riscontrasi fra le belve! Introducendosi in ogni casa, fosse o no sospetta di peste, perchè ormai era lecito il sospettare di tutti, afferravano i mariti, le mogli, i figliuoli per trascinarli al Lazzaretto, se non redimevansi sborsando denaro. Alcuni giovani sfacciatissimi, legatesi le campanelle
(1) Cioè da povos solo, o da Movex); solitario. Il Buga to invece lo deriva dal latino monere, avvisare, perchè col tintinnio delle campanelle attaccate ai piedi avvisavano la gente di scostarsi. Ambedue le etimologie sono stiracchiale, ma non si saprebbe indicare donde venga precisamente questo vocabolo.
I Monatti erano distribuiti nelle seguenti stazioni:
Al Guasto in Porta Comasina.
All osteria di Sant'Antonio in Porta Vercellina andando alle Grazie.
All osteria del Pavoncino in Porta Romana.
In lutto il Borghetto di Porta Orientale vicino al Dacio.
Gli carri, che di continuo dallo spuntare al tramontare del sole s'adoperavano per la condotta dei morti o delle persone o robbe infette , ernno circa cinquanta. (Somaglia, Alleggiamento.) Ad ogni carro servivano due Monatti ed un cavallo.
(Lampugnani, pag. 35.)
a' piedi , s' introdussero per le case , frugando le stanze , ed anche per le strade facevano quanto loro saltava in capo come se fossero Monatti rivestiti di pubblica autorità (:). Accadde una volta che nella casa medesima s'incontrassero codesti Pseudo-Monatti coi veri, e ne seguirono risse e colpi, nè l'alterco termind senza sangue. Fu altresì una calamità pubblica il modo con cui i magistrati provvidero a simili disordini, perocchè gli stessi impiegati subalterni ed i salelliti irrompevano nelle case, commettendovi, colla maggior petulanza e impunità, i furti, le rapine, le ingiurie cui sempre sono usi. E non cessarono dal rubare e dall'estorcere denaro, finchè accusati e presi alcuni di essi, vennero, per gastigo ed esempio, condannati alle forche. Un giorno che si doveva impiccarne tre, mancando il carnefice, si esibì ad uno la grazia qualora volesse farne le veci : accettò con gioja, e strangold i compagni Ma la ciurma de' Monatti maltrattava a sua voglia e viventi e morti, trascinandone i cadaveri, come il beccajo trascina al macello, legati tutti con una sol corda , vitelli e caprelti. Andavano a fascio uomini e donne, adolescenti, fanciulle, bambini pendenti dalla poppa materna, giovani, vecchi. Il servo coricato addosso al padrone pestandogli coi piedi la faccia, ricchi e poveri ignudi, raro essendo che un cencio loro coprisse per pudore le nudità, e se a caso veniva gellato sovr'essi un lenzuolo, tosto gli avidi becchini via lo strappavano. Teste, braccia, gambe spenzolavano dal
(1) Indegna cosa parimenti fie l' aversi alcuni mal consigliati giovani, poste le campanelle a piedi, per essere anch'essi creduti Monatti. Colla quale inventione usurpavansi licenza di andar tra sani per le case altrui, fingendo cercare se vi fussero infermi o morti. Dal che ne avenivano robe barie e scandali nolabilissimi.
(Somaglia, Alleggiamento , pag. 500.)
carro, s' intricavano fra le ruote, ed i cadaveri rotolavano qua e là per terra! (1)
(1) Non meno viva è la pillara che il Della Croce fa della condizione di Milano. Spettacolo orribile a vedere era allora la già tanto gloriosa, ina in detti tempi misera città di Milano. Stavano desolate le case, le famiglie estinte, chiuse le botteghe, cessati i traffichi , serrati i tribunali , abbandonate le chiese, le contrade solitarie. Ed ormai più non si vedevano per le strade che quei ministri funebri, che dalle case ai lazzaretti conducevano gli infelici appestati. Stridevano mai sempre per le strade i carrettoni dei morti, tanto più orrendi alla vista quanto che i cadaveri confusamente caricativi sopra, davano di loro stessi vista più spaventosa. Uscivano dal Lazzaretto cantando li condottieri Monatli, già fatti duri in cuore in quell' orribile ufficio, con piumacci e galle su le berrette, e quasi che a parte fossero del trofeo di Morte, entravano audaci tanto nelle case insette, che più pareva volessero darle nemico sacco che amichevole
ch’a sé faccia venir il bel Ruggiero:
Frosina l’ubbedisce e d’ogni banda
cerca e ricerca il nobile scudiero;
ma nulla fa, ché ’l siniscalco il manda
co’ li altri paggi (e ognun ha ’l suo doppiero)
di ciambra in ciambra, e dan l’acque a le mani
a re, duchi, marchesi e castellani.
12
Berta che rotto vede ’l suo disegno,
la cosa in altro tempo differisce,
si cruccia fra se stessa e n’ ha gran sdegno,
ché Amor piú che mai caldo l’assalisce;
onde, fatta per lui pronta d’ingegno,
trenta belle dongielle a lei s’unisce,
ch’entrar delibra in sala con tal pompa:
che se Milon ha cuor di pietra, il rompa
Giá mille torze da gli aurati travi
pendono accese e fan di notte giorno.
Carlo fra cento capi onesti e gravi
entra ne l’apparato tanto adorno.
Quivi usurari, preti, frati o schiavi
non ponno far un minimo soggiorno:
tutti scacciati sono a la malora,
ché ’n tal luoghi non denno far dimora.
14
Ma Febo e Cinzia e tutte l’altre stelle
ecco, da lunge, in l’ampia sala entraro:
Berta e Beatrice son de le piú belle,
che ’l fiato a milli amanti allor cavaro.
Carlo venendo incontro, accenna quelle,
al cui comando tutte s’assettaro,
ed esso in cima del convito sede,
ove li discumbenti al lungo vede.
15
Stanno le donne a petto de’ baroni
e sonan gli organetti co’ pedali.
Cinto s’avea Cupido a li galloni
duo gran turcassi colmi di piú strali.
Volan i paggi, e cento bandigioni
cervi, lepri, vituli, cingiali
portan di su di giú per lunghe scale,
come convien d’un rege al carnevale.
16
Sedea Milon rimpetto a la sua Berta:
pensa qual fogo tra quelli occhi nacque!
Egli di lei, ed ella di lui piú certa
si fa, quant’in amarsi ad ambi piacque;
quivi con cenni occulti fann’offerta
de’ cuori loro, e questo a quel compiacque;
Rampallo se n’avvede, e piú Frosina,
Rampallo a lui, Frosina a lei vicina.
Cosí l’uno per l’altro si distrugge
nei cauti sguardi e ’n quel sembiante opposto.
Sponga di sangue che lor vene sugge
son gli occhi loro, il cui lume discosto
giammai non va dal suo voler, né fugge,
ma piú sempre al desio si fa disposto;
e tanto lor instiga ed urta Amore,
ch’ivi non s’ama, anzi pur s’arde e more.
18
O insidioso aspetto muliebre,
quando che piaccia a gli occhi di chi ’l mira!
Ma quanto piú bel parti in le tenébre,
ove ’l splendor de li doppier l’aspira!
Vedi le labbra, il collo, le palpebre
d’Elena, di Faustina o Deianira;
e chi contempla quelle, giá non crede
puoter de tal beltade farsi erede.
se risponde mai cotal bellezza
che un core l’altro aggrada, e gli occhi, gli occhi
(o pensier dolce piú de la dolcezza!),
qual ferm’è stato ch’ivi non trabocchi?
Non è sí grata e sí suave frezza,
che dolcemente in loro Amor non scocchi;
ma non si parton mai questo da quello,
ché non fu mai del suo maggior flagello.
20
Era la fame giá smarrita e persa,
le mense e le vivande son rimosse;
una sonora musica e diversa
di tre laugutti e due viole grosse
trasse al concento ogni anima dispersa,
ché ognun si sente liquefarsi l'osse.
Qui voci umane giunte a quelle corde
mostrâr che ’l ciel di lor men è concorde.
21pur trovo ch’alcuni vecchi padri
biasmâr di concordanze cotal pratica;
non so, lettor, se chiaramente squadri
esser stata la mente sua lunatica.
Ben so che gargionetti assai leggiadri
fûr grati piú ne la scola socratica
di tante note, che appellaron «buse»,
quasi se ’l buco a loro non s’incuse.
Dicean che molle vago effeminato
l’animo rende questa melodia;
come se ’l pescar merda (i’ son sboccato!)
non via piú molle effeminato sia.
Vedi tu quell’ipocrita velato
di santimonia, come va per via?
Non t’accostar, figliuolo, perché porta
nel corno il feno ed ha sotto la storta.
finchè giunse a mille e ottocento (1) per giorno. Vuotavansi le case, e si trasportavano sui carri i cadaveri d'ogni età, sesso e condizione, chè la morte non perdonava ad alcuno. Le grandi fosse scavate fuori della città non bastavano a seppellire i cadaveri, come le stanze del Lazzaretto erano poche alla moltitudine degli agonizzanti appestati che invocavano, come un sollievo, la morte.
E costoro erano più sgraziati di quelli che il terribile morbo repentinamente uccideva.
XVIII
Aspetto ributtante di Milano pe' mucchi di cadaveri
e l'insolenza dei Monatti.
Miserandi spettacoli degli umani eventi pei furori guerreschi o per le stragi della morte, che i soinmi agli infimi adegua, vengono descritti nelle storie; ma io son d'avviso che
orrendi avanzata la peste, che obbligo quasi tutte le famiglie de' ricchi, no. bili , mercanti o chi poteva aver ricetto nelle ville, a colà fuggirsene.
(Somaglia, pag. 484). (1) Somaglia dice 1700 al giorno durante il luglio e l'agosto.
in nessun luogo mai fu visto tale ludibrio quale presentava Milano in quel tempo ad ogni ora della giornata. Nessuno ignora che razza d'uomini fossero i Monatti, disperati ministri della peste, ed i becchini, i quali, sprezzatori della morte, affrontavano qualunque pericolo.
Il loro nome deriva dalla solitudine in cui devono stare, chè ad alcuno non è conceduto l'immischiarsi con essi (1). Codesla genia maneggiava, senz'alcuna precauzione, morti e moribondi, loccando i bubboni , la tabe, le membra sanguinanti, e perfino facendo gozzoviglia con pazza gioja sopra i mucchi de' cadaveri. I Monatti , arrossisco in narrare tanta turpitudine! violarono gli stessi cadaveri, ultimo eccesso della libidine e dell'umana pazzia, che neppure riscontrasi fra le belve! Introducendosi in ogni casa, fosse o no sospetta di peste, perchè ormai era lecito il sospettare di tutti, afferravano i mariti, le mogli, i figliuoli per trascinarli al Lazzaretto, se non redimevansi sborsando denaro. Alcuni giovani sfacciatissimi, legatesi le campanelle
(1) Cioè da povos solo, o da Movex); solitario. Il Buga to invece lo deriva dal latino monere, avvisare, perchè col tintinnio delle campanelle attaccate ai piedi avvisavano la gente di scostarsi. Ambedue le etimologie sono stiracchiale, ma non si saprebbe indicare donde venga precisamente questo vocabolo.
I Monatti erano distribuiti nelle seguenti stazioni:
Al Guasto in Porta Comasina.
All osteria di Sant'Antonio in Porta Vercellina andando alle Grazie.
All osteria del Pavoncino in Porta Romana.
In lutto il Borghetto di Porta Orientale vicino al Dacio.
Gli carri, che di continuo dallo spuntare al tramontare del sole s'adoperavano per la condotta dei morti o delle persone o robbe infette , ernno circa cinquanta. (Somaglia, Alleggiamento.) Ad ogni carro servivano due Monatti ed un cavallo.
(Lampugnani, pag. 35.)
a' piedi , s' introdussero per le case , frugando le stanze , ed anche per le strade facevano quanto loro saltava in capo come se fossero Monatti rivestiti di pubblica autorità (:). Accadde una volta che nella casa medesima s'incontrassero codesti Pseudo-Monatti coi veri, e ne seguirono risse e colpi, nè l'alterco termind senza sangue. Fu altresì una calamità pubblica il modo con cui i magistrati provvidero a simili disordini, perocchè gli stessi impiegati subalterni ed i salelliti irrompevano nelle case, commettendovi, colla maggior petulanza e impunità, i furti, le rapine, le ingiurie cui sempre sono usi. E non cessarono dal rubare e dall'estorcere denaro, finchè accusati e presi alcuni di essi, vennero, per gastigo ed esempio, condannati alle forche. Un giorno che si doveva impiccarne tre, mancando il carnefice, si esibì ad uno la grazia qualora volesse farne le veci : accettò con gioja, e strangold i compagni Ma la ciurma de' Monatti maltrattava a sua voglia e viventi e morti, trascinandone i cadaveri, come il beccajo trascina al macello, legati tutti con una sol corda , vitelli e caprelti. Andavano a fascio uomini e donne, adolescenti, fanciulle, bambini pendenti dalla poppa materna, giovani, vecchi. Il servo coricato addosso al padrone pestandogli coi piedi la faccia, ricchi e poveri ignudi, raro essendo che un cencio loro coprisse per pudore le nudità, e se a caso veniva gellato sovr'essi un lenzuolo, tosto gli avidi becchini via lo strappavano. Teste, braccia, gambe spenzolavano dal
(1) Indegna cosa parimenti fie l' aversi alcuni mal consigliati giovani, poste le campanelle a piedi, per essere anch'essi creduti Monatti. Colla quale inventione usurpavansi licenza di andar tra sani per le case altrui, fingendo cercare se vi fussero infermi o morti. Dal che ne avenivano robe barie e scandali nolabilissimi.
(Somaglia, Alleggiamento , pag. 500.)
carro, s' intricavano fra le ruote, ed i cadaveri rotolavano qua e là per terra! (1)
(1) Non meno viva è la pillara che il Della Croce fa della condizione di Milano. Spettacolo orribile a vedere era allora la già tanto gloriosa, ina in detti tempi misera città di Milano. Stavano desolate le case, le famiglie estinte, chiuse le botteghe, cessati i traffichi , serrati i tribunali , abbandonate le chiese, le contrade solitarie. Ed ormai più non si vedevano per le strade che quei ministri funebri, che dalle case ai lazzaretti conducevano gli infelici appestati. Stridevano mai sempre per le strade i carrettoni dei morti, tanto più orrendi alla vista quanto che i cadaveri confusamente caricativi sopra, davano di loro stessi vista più spaventosa. Uscivano dal Lazzaretto cantando li condottieri Monatli, già fatti duri in cuore in quell' orribile ufficio, con piumacci e galle su le berrette, e quasi che a parte fossero del trofeo di Morte, entravano audaci tanto nelle case insette, che più pareva volessero darle nemico sacco che amichevole
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